UFC: come Francis Ngannou ci ha insegnato la vera umiltà

UFC – Francis Ngannou, sabato notte, ha fatto ciò che avrebbe dovuto fare da sempre: rilassarsi e respirare. Kamaru Usman a detta sua glielo ha ripetuto per tutta la settimana e i risultati si sono visti. 

Niente furia omicida, tutta meditazione, scelta e ponderazione. Mi piange il cuore a pensare che la vittima è stata quella gran leggenda di Stipe Miocic, ma che Francis Ngannou prima o poi avrebbe preso la cintura ce lo aspettavamo (quasi) tutti. 

Prima della cintura però, ha dovuto ritrovare se stesso. Dopo decenni passati a sfidare le sorti della vita, il primo allenamento di  MMA a 27 anni e i KO brutali inflitti a chiunque, nel gennaio 2018 ha trovato il suo primo vero ostacolo, proprio Stipe Miocic. Cinque round di lezione, cinque round di dominazione subita. A seguire, uno dei match più brutti della storia insieme a Derrick Lewis, poi la resurrezione. 

Quattro KO di fila, tutti in molto meno della metà di un round, e di nuovo la title-shot, questa volta vinta. 

Il primo match con Stipe ci ha insegnato ed ha insegnato a The Predator che la forza bruta perde davanti all’intelletto solido, analitico e paziente di un lottatore esperto e studente.

UFC, In questi tre anni, ciò che più è cresciuto in Ngannou è la mente.

“Win or learn” si dice in America, e lui ne è la perfetta incarnazione. Alla fine del match ha detto a Miocic:”hai tirato fuori il meglio di me”, e credo che lo abbiamo visto tutti. 

Eravamo abituati alla sua potenza sovrumana, al suo pugno equivalente ad una Ford Escort al massimo della sua velocità, ai match finiti in meno di un minuto, ma non abbiamo mai visto una concentrazione tale in Francis Ngannou. L’energia data dalla fame che lo ha mosso da sempre, finalmente incanalata verso una resilienza degna di battere anche il più grande peso massimo della storia. 

Per quanto sia strabiliante la sua ascesa, figlia della cultura individualista ed avvincente che caratterizza la società occidentale, ciò che davvero impressiona è la vera umiltà con cui ha corretto la sua carriera, che a quest’ora poteva essere da gate-keeper molto scomodo, ma nulla di più. Si è cosparso il capo di cenere davanti allo specchio, ha fatto incubi ricorrenti su gennaio 2018 ed ha deciso di cambiare radicalmente, ancora una volta, la sua storia. Adesso è – ovviamente – sulla bocca di tutti e se le diatribe tra Jones e la UFC finiscono, potrebbe essere uno dei due protagonisti del match più atteso della storia dei pesi massimi. 

Pochi uomini sono stati così spaventosi negli sport da combattimento, uno di questi era un certo Mike Tyson. E la cosa bella è che il Francis Ngannou più terrificante non è quello che distrugge asetticamente ciò che si trova davanti, ma quello che aspetta silenzioso, avanza razionalmente, scruta analiticamente e, al momento giusto, spegne l’avversario. 

 

L’umiltà è silenziosa.

Francis Ngannou sabato notte ci ha insegnato che l’umiltà non risiede nell’ostentare la modestia, mostrarsi piccoli e taciturni. L’umiltà sta nel silenzioso ambire perpetuamente verso un miglioramento di sé. Dio lo ha dotato di una genetica impressionante, lui l’ha saputa valorizzare, tra errori e correzioni, in una cintura d’oro. 

E in questo caso l’oro non è un semplice metallo da sfoggiare, è oro di speranza per i suoi connazionali, per l’Africa intera, e per chiunque non crede abbastanza in se stesso. Francis Ngannou ci ha regalato l’ennesima bellissima storia di scalata verso l’alto. E lui viene davvero dal basso. 

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3 anni ago
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Written by Livio Ricciardi
Livio Ricciardi, classe 1998. Studente di Psicologia e Processi Sociali all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", influencer, cantante, stand-up comedian ma soprattutto appassionato e praticante di MMA. Però giuro che non mi prendo così sul serio.

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