UFC, Chimaev e il presidente ceceno su Khabib: “Lo faremo a pezzi”

UFC – Ciò che andrete a leggere è da considerarsi un semplice incidente, il lancio del guanto di sfida o tutti e due? In ogni caso il dado è tratto: il presidente ceceno Kadyrov fa a Khabib una dura critica, e di conseguenza Chimaev mette il carico sostenendo di poterlo fare a pezzi.

Ma cosa è successo? Khabib e Chimaev non erano amici? Beh, in realtà da quel che sembra, non più.

Tutto ciò emerge da una live fatta dal presidente ceceno su Instagram dove spuntano delle forti insinuazioni sul conto di Khabib, sostenuta poi da un commento lapidario del fighter Khamzat Chimaev.

Partiamo dall’inizio: Ramzan Kadyrov è l’attuale presidente della Cecenia, una regione nonché una repubblica indipendente tra le tante della folta federazione russa. Si parla della parte meridionale russa, quella vicina al mar Nero e al Daghestan, confinante tra l’altro con tutta la regione del medio Oriente composta da stati islamici.

Fra poche righe queste precisazioni troveranno un senso nel discorso complessivo.

Nella suddetta live Instagram, il presidente ceceno afferma senza troppi problemi, che il fenomeno Khabib è fondamentalmente un “UFC project”, un progetto della promotion americana strutturato per gli interessi economici e mediatici di quest’ultima.

Per argomentare questa forte dichiarazioni, Kadyrov menziona il fatto che Khabib, nonostante abbia rifiutato alcuni match, non è mai sceso nelle posizioni dei ranking, realtà che spesso e volentieri accade se non ci si rende disponibili a comando.

Inoltre Kadyrov fa notare che Khabib, nel suo accordo privato con l’amico Dana, non mostra mai una bandiera russa o daghestana, riprova del fatto che tutto ciò faccia parte di una intesa volta a un certo tipo di scopi ovvero orientare un certo tipo di comunicazione a un certo tipo di pubblico.

Per onor di cronaca e di “verità giornalistica” per così dire, citiamo le sue parole:

“Khabib è un buon atleta, ma è al 100% un progetto UFC. Ha un buon rapporto con Dana White, e se saltava un incontro non veniva tolto dai ranking come tutti gli altri. Non l’ho mai visto indossare la bandiera russa o daghestana, perché sapeva quale era il percorso per diventare campione”.

Infine il presidente invita letteralmente Khabib a combattere contro uno dei suoi pupilli, un “Akhmat”, un ceceno, che altri non può essere che Khamzat Chimaev, definito da Kadyrov come un caso interessante per UFC, pronto a combattere sempre e con chiunque.

Ed è proprio lui stesso, Chimaev, a mettere la ciliegina sulla torta verso la fine della live social, con un commento sul quale c’è molto poco da interpretare:

“Faremo a pezzi anche lui, se è quel che vuole”.

La chiusura della live vede il presidente ceceno che si attesta pronto ad organizzare l’evento lì in Cecenia, a qualunque classe di peso e a qualunque cifra.

Tutto ciò porta ad avanzare una riflessione ampia sulle parole del presidente ceceno Kadyrov: Khabib è veramente un “progetto UFC”?

La risposta è sì, MA chiaramente non è solo quello, non finisce tutto qua. È il caso di analizzare il fenomeno Khabib da più prospettive per evitare di semplificare un discorso che in un certo qual senso può generare opinioni contrastanti.

Può essere evidente che Khabib nella sua carriera in UFC abbia avuto vita facile, non andando mai a incontrare avversari che potevano impensierirlo minimamente sulla sua specialità, cioè la lotta a terra, o comunque in qualche modo potergli stare dietro.

Situazione Chandler-Oliveira: il primo, che poteva essere una valida risposta a Khabib, è invecchiato in Bellator nonostante i frequenti interessi da parte di UFC che per qualche motivo hanno avuto un ritardo nel concretizzarsi. Oliveira, che pur precedentemente di sicuro non poteva meritare una title shot, da un momento all’altro e con pochi incontri, si è trovato ad indossare la cintura, e anche lui poteva essere un pericoloso avversario per l’ex campione daghestano.

È vero che la divisione leggeri, a differenza di tutte le altre, non ha avuto nel periodo della parabola Khabib, delle eccellenze nella lotta a terra. Tuttavia in un certo qual senso può sembrare strano che il primo match dopo la dipartita del daghestano, nemmeno a farlo apposta, sia stato men che meno tra due che veramente avrebbero potuto dargli grande filo da torcere nel grappling.

Inoltre, Khabib ha rappresentato per Dana White e tutta UFC, una clamorosa occasione di apertura verso un mercato ricco come quello dell’islamico Medio Oriente. Quest’ultimo avrebbe potuto apprezzare meglio le MMA qualora un suo referente in qualche modo diventasse campione e di conseguenza idolo trascinatore di fan.

Per molti versi c’è da contestare poco a UFC questa probabile mossa, visto che in fondo il suo obiettivo è guadagnare, e dato anche il fatto che almeno 1-2 volte al mese offre degli incontri di alto livello che ci fanno alzare assetati di sangue la domenica mattina. E questi match non sono gratis, i fighter devono essere pagati profumatamente e giustamente.

A favore di Khabib c’è da dire, che per quanto lo si voglia etichettare un “UFC projectè un lottatore eccezionale, la pressione che dà durante i match all’avversario e la capacità di incollarsi e sottometterlo a terra, è indiscutibile e quasi impossibile da ritrovare in altri.

Anche se la divisione dove competeva non aveva vere eccellenze nel grappling, bisogna ammettere che nello striking trovava il vertice assoluto, da McGregor a Gaethje, da Poirier a Barboza. In definitiva se li è fatti tutti, difendendo per 3 volte il titolo, cosa assai rara in una categoria di peso come quella dei leggeri, nota a tutti per essere estremamente difficile da gestire.

Dal punto di vista culturale, le argomentazioni di Kadyrov sull’assenza di bandiere, possono anche far pensare, sebbene risultino un po’ fragili da almeno un paio di direzioni.

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Come la mettiamo con la “papacha, la parrucca daghestana, noto costume russo nella nuova versione indossata da Khabib? Che un pubblico islamico ricco e poco filo russo, preferisca un cappello bianco a una bandiera nazionale ci può anche stare, però dare questa come significativa evidenza può rivelarsi un tantino pretestuoso.

Alla base inoltre è doveroso menzionare il conflitto politico-culturale in ballo tra le repubbliche russe del Caucaso, per tanti motivi disunite e spesso in guerra tra loro. Non è la prima volta che forti accuse vengono lanciate tra queste regioni vicinissime territorialmente, adducendo motivi che risalgono a un passato storico interno alla Russia, fino ad astruse quanto non verificate, ipotesi di favoreggiamento con i nazisti durante la loro campagna di invasione nel 1941.

Insomma una questione problematizzata che trova centralità nel fatto che effettivamente Khabib PUO’ essere stato un progetto UFC intelligentemente manovrato e partorito dalla mente di Dana White. Tuttavia è incontestabile il valore atletico e la forza mentale che ha portato l’aquila a volare fino in cima alla montagna.

Che sia stato raccomandato? È facile, inverificabile, ma possibile. Si è meritato quello che ha avuto? Sì, tutto sommato è inammissibile negarlo. Ha lavorato duro per diventare campione? Non c’è nemmeno bisogno di dirlo. È paragonabile a campioni del calibro di Jon Jones o George St-Pierre? Probabilmente no.

Ma a tutte queste domande ognuno dà la propria risposta, e dunque sarebbe interessante sentire anche la vostra.

Correte nei commenti e fatecelo sapere ovviamente con la moderazione che vi contraddistingue.

Written by Angelo Cenni
Caporedattore di TWISTERMMA.IT, seguo le MMA praticamente fin dall'inizio perché mi piace veder il sangue che scorre. Però solo per questioni evolutive. Sì, anche perché amo la volontà di potenza.

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