(Trovate la precedente puntata di UFC 264 Road To qui.)
UFC – Nel mondo animale quando il predatore sente l’odore della sua preda, ferita, che cerca di nascondersi e scappare, si prende il suo tempo per finirla. Si avvicina, le gira intorno, si assicura che non possa più andare da nessuna parte e poi la finisce. C’è un momento specifico in cui Dustin Poirier si comporta esattamente come un predatore: quando l’avversario appare colpito, ferito, cerca riparo, lui si muove accelerando il passo, fa una sorta di saltello, come se fosse una corsa laterale, mantiene la giusta distanza e mette i colpi definitivi con una frequenza e una rapidità tali da sembrare colpi di shadow boxing. Recentemente lo ha fatto con Gaethje e con McGregor, ma in realtà andando a recuperare vecchi combattimenti succede anche in questi.
Dustin Poirier ha un modo trionfale di vincere. Anche più trionfale del suo prossimo avversario, Conor, che ha fatto dell’essere trionfale un mestiere. C’è una cosa costante in ogni vittoria: un ghigno sorridente, a metà strada tra quello di chi è ancora nel pieno del furore agonistico e quello di chi pensa “ce l’ho fatta anche stavolta”. Poi alza le braccia al cielo, scuote il capo dall’alto verso il basso, per dire “si è proprio così, avete capito bene, ho vinto io”. Altre volte indica, e guarda fisso, indicando non si sa bene cosa, a volte Jolie, la moglie, sempre intorno all’ottagono quando combatte, altre volte indica i commentatori, quando c’è se la prende con Daniel DC Cormier, suo conterraneo.
C’è un qualcosa di feroce, animalesco, e contemporaneamente esaltante, dannatamente umano, la felicità, la gioia, la tensione, la rabbia tutte si fondono in quei movimenti stereotipati, quasi come se li avessi già visti, immaginati, sognati.
Ci sono tre momenti della carriera di Dustin Poirier che lo hanno reso il fighter che è oggi. Il primo è il KO subito da Conor McGregor nel 2014 a UFC 178, che segnò un punto di non ritorno per la sua carriera. Conor, prima ancora che nell’ottagono, lo aveva battuto mentalmente, con il trash talking asfissiante che è diventato il suo marchio di fabbrica. Semplicemente da quel momento in poi abbiamo visto completamente un altro atleta, con un’altra tenuta mentale, un focus, una concentrazione, la visione dell’obbiettivo. E, soprattuto, passa ai pesi leggeri, categoria in cui darà il suo meglio.
Il secondo momento è il match perso contro Khabib nel 2019 a UFC 242, non tanto quando il daghestano lo finalizza con una rear naked choke, quanto invece quando non riesce a chiudere la ghigliottina al terzo round. C’era così vicino, Dustin, a chiudere il match, a fare ciò che nessun uomo è riuscito a fare. Khabib dirà in seguito che sapeva perfettamente che Poirier avrebbe provato quella tecnica, e si era scoperto apposta per farlo stancare. Per quanto strampalata come cosa, se la dice Khabib tendiamo a credergli; eppure per qualche attimo sembrava fatta, un po’ come la rear naked choke con cui Marvin aveva quasi sottomesso Adesanya. Ma con i se non si fanno la storia.
Pensare che dopo il match con Khabib, in lacrime, in conferenza stampa aveva dichiarato che forse si sarebbe ritirato. Che la delusione era troppa. Tra le lacrime dirà: “Avrei voluto andarmene stasera da campione del mondo, sono deluso da me stesso”.
Il terzo momento è il KO rifilato a McGregor a UFC 257. Quando il 24 gennaio scorso lo ha mandato KO, Dustin ha detto implicitamente al mondo due cose: sono il miglior peso leggero e faccio esattamente quello che mi pare. La terza l’ha detta sua moglie, mentre correva nel palazzetto di Abu Dhabi, indicandolo mentre lui la indicava, “never doubt my man again”, che nessuno dubiti ma più del mio uomo. Ed effettivamente, per la prima volta nella sua storia, il 10 luglio a UFC 264 Conor McGregor partirà svantaggiato nei pronostici dei bookmakers. Se non è questa una prova del rispetto che Dustin ha guadagnato nella sua lunghissima carriera, beh non saprei cosa. Carriera fatta di “blood, sweat and tears”, sangue, sudore e lacrime.
Parlo di momenti fondamentali perché c’è tutto. C’è il giovane atleta ancora non abbastanza esperto per sopportare un palcoscenico così importante. C’è un uomo che arriva così tanto vicino a coronare il sogno di una vita per poi cadere. C’è il momento di gloria, il momento del riconoscimento, del “ecco chi davvero è Dustin Poirier“. È un ragazzo diventato uomo che viene da Lafayette, Louisiana, che non vuole competere ma vuole essere il migliore. Vuole dimostrarlo.
La carriera di Dustin parte da lontano. Il suo soprannome è The Diamond, il diamante, che rende piuttosto bene l’idea del suo percorso. Proprio come un diamante grezzo, Poirier ha lavorato i propri spigoli, ha raggiunto la forma più pura e meglio definita. Per farlo ha attraversato delle vere e proprie battaglie. Max Holloway, Justin Gaethje, Eddie Alvarez due volte, Anthony Pettis, Dan Hooker, Conor McGregor due volte, Khabib. È davvero difficile scegliere quale tra questi match consigliare perché ognuno è uno spettacolo. Ognuno ha qualcosa di speciale.
Personalmente, il mio preferito è quello contro Justin Gaethje a UFC on Fox 29, perché mostra in pieno che fighter è. Con una gamba praticamente azzoppata dai terribili leg kick di Gaethje, Poirier è riuscito a trovare il colpo del KO, nel quarto round di un match tesissimo. Non solo: è riuscito a imporre il suo ritmo, a rispettare la sua strategia. È riuscito ad avere la meglio nei round finali, quelli più difficili, dove la stanchezza inizia ad offuscare le scelte, e l’ha fatto con un colpo perfetto, con il quale ha stordito pesantemente Justin e l’ha finito come sa ben fare. Come un vero predatore.
In quel match la strategia è stata “standing and banging”, scambiare colpi pesanti in piedi, perchè Gaethje è uno che quasi ti invita a farlo, ti sta in faccia, mette pressione, impone la sua cardio. Forte di un mento di ferro è disposto a prendere dei colpi pesanti in più. Soprattutto, in quel match, puntava a demolirgli le gambe con i suoi leg kick. Dustin da canto suo non ha arretrato di un passo, anzi. Ad un certo punto, sia nel primo che nel secondo round, mette insieme ripetutamente combinazioni da quattro, cinque colpi. E soprattutto ogni volta che Gaethje mette un leg kick, lui risponde con un diretto destro. L’impressione è stata che i due combattessero il proprio match indipendentemente dall’altro: a trionfare, è stato il fighter migliore.
Un altro grande classico da vedere è il secondo match con Eddie Alvarez. Dustin e l’ex campione si erano già incontrati in precedenza (era finita in un NO Contest),e nel rematch, tre mesi dopo il match contro Gaethje, Poirier mette in mostra i suoi ulteriori miglioramenti. È interessante vedere quanto sia diverso l’approccio rispetto al match con Justin: invece di scambiare ripetutamente, si tiene all’esterno, muovendosi e cambiando guardia in continuazione. Ci sono due motivi per cui lo fa: il primo è che Porier ha il vantaggio dell’allungo, cosa che gli permette di mantenere bene le distanze e mettere colpi inficiativi senza doversi per forza battere nel breve. Il secondo è rispettare il wrestling di Alvarez, che già nel primo match lo aveva messo in difficoltà. Dustin è maturato significativamente. Poco meno di un anno dopo vincerà il titolo a interim contro Max Holloway, in un altro incontro spettacolare.
https://www.youtube.com/watch?v=O_jbfHpoe_U
Ci sarebbe ancora tanto altro da dire su Dustin Poirier. Sull’hashtag che accompagna ogni suo post #PaidInFull, pagato completamente, cioè pagato l’intera somma della borsa perché lui è un vincente. Il suo lavoro encomiabile per la società con la “The Good Fight Foundation“, la sua associazione di beneficienza con cui aiuta le persone in difficoltà in giro per il mondo. Associazione a cui donò anche Khabib dopo il loro match, in uno dei momenti delle MMA e sportivi in generale più belli e sinceri. Recentemente, tra parentesi, è stato coinvolto anche Conor McGregor che promise di fare una donazione, che però non ha mai fatto.
Il titolo recita: Dustin Poirier è il miglior peso leggero? Non ho una risposta netta. È probabilmente il più completo, anche più dell’attuale campione, ma le MMA non sono fatte di valori assoluti ma di incontri, ed ognuno è storia a sé. Il 10 luglio a UFC 264 Dustin Poirier incontra per la terza volta The Notorious, e deciderà una volta e per sempre chi è davvero. E sarà decisamente pronto.
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