UFC | 20 giugno 2020. Con la UFC ormai in piena ripresa, un giovane di nome Max Rohskopf si appresta a esordire nell’ottagono più importante del mondo. Subentrato in short notice, dopo aver fatto il peso nonostante una stazza notevole per un leggero, Rohskopf ingaggia un primo round competitivo con il talentuoso Austin Hubbard. Ma nel secondo round, complice forse il taglio del peso, Rohskopf sembra finire la benzina, e il rivale porta a casa un chiaro 10 – 8. Il copione del terzo round sembra già scritto, ma coach Robert Drysdale prova a incoraggiare il suo atleta. Quello che succede, però, va al di là delle previsioni più pessimiste di Drysdale: Rohskopf vuole ritirarsi.
Dopo uno scambio di battute con il coach, è Max stesso a comunicare all’arbitro che non ha intenzione di proseguire.
Nei giorni seguenti infuria il dibattito, con commentatori ed ex fighter di un certo status che esprimono la loro visione dell’accaduto. Nel frattempo Dana White, pur difendendo a spada tratta il ragazzo, sogghigna quando gli viene chiesto se Max meriti una seconda possibilità in UFC.
Dopo un paio di giorni, Mike Heck di MMAFighting.com intervista il diretto interessato, che illustra i blocchi mentali che lo hanno sempre limitato. Max riconosce in sé stesso la cosiddetta “sindrome dell’impostore”, la credenza che i risultati ottenuti non siano frutto dei suoi meriti, ma di fortuna, circostanza favorevoli e demeriti altrui. Una percezione di sé causata, almeno in parte, dagli abusi subiti in famiglia. Questa svalutazione lo limitò fortemente anche quando lottava a North Carolina State, uno dei college migliori.
Viste le circostanze, erano pochi gli ottimisti accaniti che pronosticavano un ritorno di Rated R ad alti livelli.
I mesi successivi sembrano dare ragione alla maggioranza: Max non si allena, mangia male, si sente senza uno scopo. Poi inizia a dare lezioni private e a insegnare lotta ai bambini, ritrovando parzialmente la passione. Ma quando i suoi compagni di allenamento hanno bisogno di aiuto, Max capisce che per aiutarli deve allenarsi seriamente. Passano cinque mesi e qui arriviamo alle buone notizie.
Con le giuste motivazioni, Rohskopf accetta un match a Cage Warriors 126 a San Diego. Vince e convince contro Jeff Creighton, con coach Drysdale e lo stesso team di quella notte maledetta sempre al suo fianco. Oggi, Max ha intenzione di andare in terapia e racconta che sta imparando a dare il giusto peso alle cose, capendo che si può godere l’allenamento con i bambini, con le poche pressioni che comporta, mentre si concentra sulla sua carriera con una nuova mentalità.
Buona fortuna Max, ne avrai bisogno e te la meriti.
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