UFC – Dietro ogni grande campione, c’è una grande storia. Georges St-Pierre, ex campione dei pesi welter e medi UFC, uno dei più grandi fighter che lo sport abbia mai visto, ha voluto raccontare un po’ della sua. Come tanti, la scintilla che ha fatto accendere l’interesse per le arti marziali è stata un’infanzia di insicurezza, bullismo, inedia.
Nel podcast “Legend 2 Legend” con Burt Watson ha raccontato qualche stralcio della sua adolescenza e cosa lo ha indirizzato verso il mondo delle arti marziali:
Da ragazzo ero il classico ragazzino molto insicuro. Penso che sia per questo che spesso se la prendevano con me. Anche in natura, i predatori cacciano sempre il più debole del gruppo. Io ero uno di quelli. Non avevo sicurezza in me stesso, e il modo in cui mi comportavo era molto diverso da adesso. Camminavo, guardavo in terra, stringevo le spalle. Faceva capire come mi sentivo e penso sia la ragione principale per cui venivo preso di mira, –
Le arti marziali, ovviamente, mi hanno insegnato l’autodifesa, ma mi hanno anche insegnato la sicurezza. La sicurezza è una scelta. Ho cambiato il modo in cui mi comporto. Quando stringevo la mano a qualcuno, lo guardavo negli occhi. Non stringevo più le spalle, non guardavo più in terra. Camminavo dritto e con un po’ di sicurezza.
L’amore di GSP per lo spirito delle arti marziali è sempre stato evidente in tantissimi aspetti: le sue parole, le sue entrate nell’ottagono con il Gi, il suo tatuaggio con i kanji che dicono “Jiu jitsu” sul petto.
Mentre la possibilità che GSP torni a calcare l’ottagono sembra davvero remota, come tanti altri in questo periodo si sta parlando di un suo ritorno nel pugilato, contro l’ex pluricampione Oscar De la Hoya.
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