UFC – Quando nel dicembre 2017 José Aldo veniva mandato KO per la seconda volta da Max Holloway, gli epiteti per colui che aveva dominato per oltre sei anni le 145 libbre più importanti del mondo sembravano lasciar presagire la più rovinosa delle cadute. Dall’olimpo delle MMA al marginale ruolo di gatekeeper, a causa della doppia sconfitta arrivata per mano di quel “Blessed” che di lì a poco avrebbe visto accrescere il suo status in UFC in maniera repentina.
Il capezzale sportivo di José Aldo vide passare non pochi tra addetti ai lavori e colleghi, a caccia dell’opportunità giusta che l’alone da campione del brasiliano poteva concedergli, lanciandoli in caso di eventuale vittoria. Ci provarono Jeremy Stephens e Renato Moicano, ma ambedue furono tutto fuorché fortunati: entrambi finirono KO, con Aldo che riuscì a guadagnare una tanto sudata quanto meritata title eliminator contro il futuro campione UFC di categoria Alex Volkanovski. Andò male, parecchio male. Sconfitta ai punti, sì, ma mai in discussione.
Altro giro, altra corsa di encomi tra chi auspicava un ritiro ormai giudicato non più posticipabile e chi gli suggeriva una emigrazione verso altre promotion meno competitive. E invece José Aldo sorprende tutti di nuovo: scende di categoria, nelle 135 libbre. Combatte contro l’ex re dei pesi gallo World Series of Fighting Marlon Moraes. E perde, di nuovo. Stavolta però la sconfitta arriva ai punti ed è molto, molto discutibile. Discutibile e discussa al punto tale che il presidente UFC Dana White lascia intendere tra le righe che la promotion agirà come se l’atleta di Rio De Janeiro avesse vinto.
“Credo che José abbia vinto. Sì, direi proprio che ha vinto l’incontro. Non si può (in riferimento a Moraes) trionfare in un match in cui scappi per due round, non funziona così. Non so che diamine stessero guardando i giudici, perché è assurdo dare il match a Marlon Moraes. Cejudo è venuto da me e mi ha detto: ‘Aldo ha assolutamente vinto l’incontro, e dovresti trattarlo come se avesse effettivamente vinto. Voglio affrontarlo’. Mi sono detto: ‘Bene, vedremo’. Per cui, vedremo cosa accadrà”.
Dana White felt Jose Aldo won his fight against Marlon Moraes and that Henry Cejudo wants to face Aldo next pic.twitter.com/f04txiHWEI
— Aaron Bronsteter (@aaronbronsteter) December 15, 2019
Detto fatto, José Aldo viene scelto come contendente al titolo detenuto da Henry Cejudo, che a sua volta aveva conquistato il titolo reso vacante da T.J. Dillashaw battendo prima del limite lo stesso Marlon Moraes che si era imposto – almeno per i giudici – sullo stesso Aldo in un domino che vide però il proprio ordine sparigliato di lì a poco.
Sì perché l’8 aprile 2020, in piena pandemia da COVID-19, Aldo è costretto a tirarsi fuori dal match con Cejudo ad un mese ed un giorno da UFC 249, causa problemi col visto. A sostituirlo fu Dominick Cruz, in quello che fu anche l’ultimo match di “Triple C” Cejudo, ritiratosi al termine di quell’incontro con l’intenzione di metter su famiglia con la compagna che, di lì a poche settimane, l’avrebbe lasciato.
Si arriva dunque al match che avrebbe decretato il nuovo campione pesi gallo, con il russo Petr Yan da un lato e il sempreverde José Aldo dall’altro. Anche qui, però, la sconfitta è cocente: TKO al quinto round, nel luglio 2020.
Ed è qui che cominciano a nascere i primi fantasmi José Aldo, che si incuneano nel suo spirito minandone la tempra mai scalfita nemmeno nella sconfitta patita in 13 secondi contro Conor McGregor, menzionata soltanto adesso per un motivo molto semplice: non è lì che arriva il punto di svolta in negativo nella carriera dell’atleta brasiliano, né lì viene minata la sua legacy da campione dominante. Sia chiaro: guai a parlare di colpo della domenica da parte di “Notorious”, ma quei 13 secondi hanno per lo più rappresentato il primo incidente di percorso di un treno che, forse provato dai numerosissimi chilometri percorsi a neanche 30 anni, cominciava a dare segni di cedimento.
Da lì la strada sembra pressoché segnata: si parla anche di ritiro, a cui Aldo non ha mai negato di pensare nelle interviste degli anni passati. Un ridimensionamento, comunque, sembrava d’obbligo. Un team, la sua Nova Uniao di coach Dudù, che aveva sfornato tantissimi campioni in passato ma che probabilmente non riusciva più a tenere il passo del tempo dietro ad uno sport che di mese in mese subisce nuove evoluzioni stilistiche, tecniche e di ritmo.
E invece no: da qui riparte la carriera di José Aldo, che trova nuova linfa allenandosi con la marina brasiliana. Ed è qui che arrivano le nuove vittorie contro Marlon “Chito” Vera – annichilito con un ritmo in fase di striking tambureggiante -, Pedro Munhoz e soprattutto Rob Font.
Quest’ultimo match possiamo tranquillamente definirlo come il capolavoro, e non il canto del cigno, del nuovo José Aldo: pressante in fase di striking con combinazioni potenti, capace di imporsi a terra col suo jiu-jitsu grazie alla sua storica cintura nera sempre passata in sordina, e abile nelle transizioni con un wrestling offensivo sempre oscurato dalla sua clamorosa takedown defence.
Aldo adesso vuole T.J. Dillashaw. Dove andrà a finire questa sua ultima corsa, in quale fermata si arresterà, non ci è ancora dato saperlo. Goderci il presente, però, è d’obbligo. E se c’è un qualcosa che le MMA ci insegnano settimana dopo settimana, è che non c’è alcun destino segnato in partenza. Nemmeno quando sembri arrivato al capolinea.
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