UFC – In una lunga intervista con MMA Fighting, Kay Hansen ha, con estremo coraggio, raccontato al mondo i suoi problemi mentali, di salute e i traumi della sua vita. La ragazza prodigio delle MMA, nonché uno dei prospect più interessanti della UFC, ha raccontato il suo mondo interiore, il disturbo alimentare che l’ha portata sull’orlo del tracollo fisico e mentale, gli abusi sessuali subiti per anni da parte di un membro della famiglia. La sua mente e il suo corpo distrutti e portati a fondo, con la sua carriera in UFC a rischio. Ma anche come si è rialzata, l’aiuto della psicoterapia, il messaggio positivo e la mano tesa a tutti quelle e quelli che si ritrovano in situazioni simili: non siete soli, non dovete esserlo.
Qui l’intervista integrale, tradotta in italiano (o in lingua originale reperibile su MMA Fighting).
“Sto combattendo contro un disturbo dell’alimentazione ormai da un po’. È qualcosa con cui devo combattere in generale, non solo perché sono un atleta, ma ovviamente il competere in uno sport che ruota intorno al sentirsi, all’essere al massimo dell’atletismo, e, soprattuto, che ruota intorno al peso, mi ha fatto sfuggire completamente di mano la situazione.
Mi sono, sfortunatamente, dovuta ritirare dal mio match di marzo perché tutto mi stava crollando addosso, soprattuto la mia salute. Chi ha seguito la mia carriera, sa che da quando ho 18 anni ho combattuto 14 match, 6 da pro-boxer. Ho combattuto senza mai fermarmi, continuando a fare il peso, ma ero davvero giovane e non mi rendevo bene conto di quello che facevo, e ho sviluppato delle abitudini davvero malsane. Non mangiavo più niente, ma mi allenavo intensamente due o tre volte al giorno, e ho dovuto mettere, per la prima volta nella mia carriera, la mia salute prima di tutto perché la situazione era diventata insostenibile.
Non mi sono mai ritirata da un match. Durante la preparazione ho avuto a che fare con molti problemi, sia di vita personale sia problemi fisici, continuavo ad avere infezioni all’orecchio e non solo; ero sempre stordita, non avevo forze, avevo graffi, le ferite non si rimarginavano, avevo occhi neri che non guarivano per mesi. Mi sentivo prosciugata. Stavo diventando molto magra. Mi sentivo di mer*a e sono arrivata al punto in cui i miei allenatori hanno iniziato a notarlo. Due, tre settimane prima del match mi hanno detto: “Perché non ti prendi un paio di giorni liberi?”. Io nella mia testa mi dicevo: “Ho un match tra poco, non posso prendere proprio nessun giorno!”.
Sono arrivata al punto in cui tutto ha iniziato a sgretolarsi. Mi stavo ammalando, ero stordita, disorientata, confusa. Ho scoperto di essere gravemente anemica, ero carente in vitamina D. Non avevo più il ciclo. Il mio corpo semplicemente mi ha detto: “Basta, non possiamo andare oltre”. Sono arrivata al punto in cui fisicamente non riuscivo ad allenarmi. Sono sempre stata fiera di riuscire a superare le avversità. Pensavo che ritirarmi sarebbe stato da debole ma ero al punto in cui non potevo più fare finta di niente.
Forse sarà stupido per alcune persone, ma ho dovuto rimparare a mangiare. È chiamato disturbo alimentare per un motivo: ci sono tanti pensieri disturbati nella tua testa. Ero arrivata al punto in cui ero convinta di non dover mangiare, e che mangiare mi avrebbe fatta esplodere. Che sarei diventata enorme, non avrei fatto il peso. Non ho mai avuto nessun problema con il peso, davvero non so perché avevo quella paura nella mia testa, ma era davvero tanto mentalmente da dover sostenere, è stato davvero difficile abbandonare quei pensieri.
Io sono un atleta. Ho bisogno di carburante per il mio corpo, ma non l’ho mai vista in quel modo. Mi sono dovuta fermare, un mese e mezzo senza esercizio fisico. Mentalmente e fisicamente dovevo fare un passo indietro deciso, ma è stato davvero difficile. Il mio corpo ha dovuto capire come digerire il cibo, ho dovuto riportare i miei ormoni a livelli normali, guarire dall’anemia, sistemare tutto quello che non funzionava più. Non è ancora tutto perfetto, ma attualmente sto dando carburante al mio corpo e sto imparando ad accettarmi e ad accettare che sia giusto così.
È stato un problema fin da quando avevo 18,19 anni. Anche il solo essere donna, in generale, ha contribuito: con i social media che hanno un impatto così importante sulla nostra vita, guardi le foto delle persone e vuoi essere come loro, apparire come loro, soprattuto se sei una ragazzina. Sono caduta in quella rete. Non so come mai, ma non mangiare era il mio meccanismo di difesa. Ogni volta che le cose nella mia vita personale non andavano bene, non mangiare più, semplicemente, veniva naturale.
Sono stata aggredita sessualmente e stuprata da un membro della mia famiglia, dai 16 ai 19 anni. Durante quel periodo, mi allenavo comunque a tempo pieno. Ero già una professionista. È stato piuttosto traumatico affrontare tutto quello mentre cercavo di essere una persona normale e di funzionare in maniera normale. Quando avevo 19 anni, sono riuscita a uscire da quella situazione e dall’ambiente tossico. Ma, come ho detto, non mangiare è sempre stato un meccanismo di difesa. Non so da dove derivi, ma è sempre stato presente in maniera importante, era un modo per accettare il mio corpo ed essere fisicamente il più attraente possibile, per poter affrontare tutte le insicurezze che derivavano da quel trauma.
Ancora lotto. Un paio di settimane fa ho avuto giorni difficili e non volevo mangiare, ma cerco di costringermi a farlo quando non voglio. Non è una cosa che si sistemerà rapidamente o facilmente. Parlo con psicologi sportivi e terapisti che mi aiutano, perché sono un atleta professionista e voglio essere completamente funzionante come tale, ma anche come persona in generale.
Per me, è fantastico vedere i miei progressi. Ancora parlo con queste persone per cercare di arrivare alla radice di tutto, ma il mio modo di scaricare è sempre stato allenarmi e combattere. Tutte queste cose terribili che sono sono avvenute nella mia vita, quando entravo in palestra e mi preparavo per un combattimento, sparivano, non importavano più. Faccio quello che amo fare. Questo è sempre stato il mio modo di scaricare.
Ovviamente l’essere un atleta professionista comporta anche una parte che riguarda l’essere consigliata male: guidata in tagli del peso sbagliati, carichi di acqua distillata e schifezze di quel genere che fotto*o il tuo corpo. E infine alcuni allenatori che semplicemente ti dicono: “non mangiare, andrà tutto bene”.
Non ho avuto solo guide sbagliate, ma nel momento in cui ho avuto guide buone, erano già radicate in me così tante cose sbagliate: la mia vita personale, il tentativo di essere una buon atleta, di non tagliare troppo peso, di iniziare a tagliare troppo presto, tutto si è accumulato e unito in questo gigantesco problema. Mi è tutto sfuggito di mano, e poi è subentrata la testardaggine, la combattente che è in me che dice: “Posso farcela, non importa nulla”. Ma questa è stata la prima vota nella mia carriera dove ho dovuto mettere la mia salute, mentale e fisica, prima di ogni altra cosa.
Ci ho messo molto tempo ad arrivare qui, ed è per questo che sto cercando di essere onesta e sincera, perché magari se lo avessi sentito l’anno scorso, magari avrei pensato: “Forse mi dovrei fermare”. So che è un probelma, non solo per le donne nel mondo del fitness, ma anche per le ragazzine non sono atlete ma che crescono con queste idee.
È una cosa comune, e, qualcosa che ho imparato, affrontando tutto questo, è che ci sono tante ragazze con problemi proprio come i miei, ma che non ne parlano. Magari se io ne parlo, qualcuno come me penserà: “Sto facendo le stesse cose” oppure: “Mia sorella fa la stessa cosa”, perché se l’avessi sentito io mentre affrontavo tutto questo, magari, forse, mi avrebbe aiutato.
Affrontare i tuoi problemi non è divertente, soprattuto i problemi psicologici; il passato che hai vissuto, doverlo affrontare, accettare e capire che fai certe cose come forma di reazione a ciò che hai vissuto. Questa mer*a non è per niente divertente. Tutto quest’anno, non ho avuto altra scelta che affrontarlo. Oggi sono abbastanza aperta, ne riesco a parlare. Non è qualcosa che voglio immagazzinare o nascondere, sopratutto a me stessa.
Portavo molti pesi in spalla e me li sono tolti. Non che nascondessi qualcosa, ma cercavo sempre di ingannarmi, di dirmi che il mio disturbo alimentare non fosse un vero disturbo alimentare, che stavo solo a dieta o semplicemente stessi facendo ciò che dovevo come atleta. Trovavo delle motivazioni per continuare a farlo, e non me ne rendevo neanche conto.
Avevo bisogno che il mio corpo mi abbandonasse completamente per ascoltarlo. Ma penso che finalmente ho imparato ad accettarmi, ad accettare quello che ho vissuto e come mi sono ripresa da tutto quello che mi è successo. In tutta la mia vita non sono mai stata così in forze e in salute come ora. C’è voluto tantissimo, mentalmente e fisicamente, per arrivare qui, ma ce l’ho fatta.”
Kay Hansen tornerà a combattere a UFC 270, dopo essersi dovuta ritirare dal match contro Cheyann Buys in una UFC Fight Night il marzo scorso, per motivi di salute. L’ultima volta aveva combattuto a Novembre 2020 a UFC Vegas 14 perdendo un match molto combattuto per decisione unanime. Era solo il suo secondo match in UFC, dopo la vittoria all’esordio. Kay aveva attirato le attenzioni dopo la convincente vittoria al Dana White Contender series che le era valso il contratto in UFC. Si spera che riesca a risolvere e ad affrontare i suoi problemi, così da poterci godere una delle atlete più interessanti dei tempi recenti. Forza Kay!
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